La strage di Brandizzo, che ha visto morire cinque operai, ha svelato retroscena inquietanti. Ecco cosa sappiamo ora.
Il disastro di Brandizzo è, purtroppo, stato causato da una pratica comune. Stiamo parlando dei lavori in anticipo, abitudine che seguono tutti perché le operazioni di manutenzione possono essere fatte solo quando non causano problemi ai passeggeri, quindi dopo le 22 e nei fine settimana. Tecnicamente il contratto dei lavoratori prevede massimo due turni notturni a settimana. Questa regola viene evitata spesso con chiamate volontarie dei lavoratori.
Il pubblico ministero ha chiamato come testimone un ex operaio, che ha spiegato la situazione in azienda. Secondo il testimone avviare i lavori in anticipo era prassi comune, soprattutto quando sapevano che il treno era in ritardo. In genere un gruppo di sei o sette persone si occupava della manutenzione, mentre qualcuno restava a sorvegliare la situazione. Quest’ultima figura non c’era nella notte dell’incidente, con tutti gli operai sul binario a lavorare.
Altri colleghi hanno confermato la prassi al quotidiano La Stampa, dicendo che si iniziava sempre a lavorare quando i treni smettevano di passare. Il responsabile Rfi per la sicurezza del cantiere, Antonio Massa, non sta rispondendo alle chiamate del suo avvocato.
Finora la Stampa ha raccolto le testimonianze di diversi operati della Rete Ferroviaria Italiana. Come già citato, il contratto impone un limite di due notti settimanali (con un’eventuale terza notte da concordare), per un massimo di dieci notti mensili. Questa norma viene spesso infranta tramite chiamata volontaria.
I lavori notturni iniziano alle 8, riprendono alle 13 e continuano alle 22, violando la legge che richiede minimo 11 ore di riposo tra i turni. Non è neanche la prima volta che succedono errori come quelli di Brandizzo: un lavoratore anonimo piemontese ha raccontato di un incidente dove il capostazione ha autorizzato la circolazione dei treni senza assicurarsi che la ditta avesse completato i lavori sui binari.
Secondo l’accusa, Antonio Massa avrebbe chiamato chiedendo l’autorizzazione alla centrale del movimento di Chivasso. Al momento delle chiamate Massa ha solo supposizioni basate sugli orari previsti dei treni. La centrale rifiuta l’autorizzazione, dicendo che deve ancora passare un treno.
Due treni non avevano ancora completato il loro percorso, che ha portato alla confusione Massa. La centrale offre due finestre temporali in cui svolgere il lavoro: tra il primo e il secondo treno o dopo il secondo, ribadendo di rimanere fermi. La terza telefonata è già troppo tardi: si sente l’esplosione e il rumore della frenata, con le chiamate successive riducibili a un Massa disperato che cerca di descrive la situazione.
Le telecamere mostrano che non c’erano semafori rossi per fermare i treni, visto che non era previsto dovessero farlo. I dispositivi di sicurezza sulla linea non sembrano aver funzionato correttamente, con i segnali luminosi che non hanno segnalato i lavori in corso. Senza di questi la tragedia è stata inevitabile.
Festeggiare il compleanno di un'amica speciale con viaggi indimenticabili può essere uno dei regali più…
Nuovo evento per un Consolato d'Italia negli Stati Uniti: appuntamento con la 6a edizione del…
Ad Assisi la presentazione dell'esperienza innovativa del Museo Falcone: imperdibile per gli amanti dell'arte e…
Oggi andremo alla scoperta del libro che non si vende e non si legge. Nonostante…
Alcuni programmi per PC hanno tantissime funzioni utili di cui raramente si conosce l'esistenza: capita…
Bisogna prestare molta attenzione a come si tiene il proprio figlio, può succedere qualcosa di…