Downshifting, cos’è? Rappresenta una sorta di autodifesa, un naturale argine ad una vita che chiede sempre di più. Ma di cosa si tratta?
Un’ancora di salvezza quando la vita inizia ad avere ritmi insostenibili. Ed allora diventa necessario fermarsi un attimo e ripartire, ma in maniera decisamente diversa.
Siamo quasi al primo quarto del XXI° secolo. Un periodo tanto atteso e più volte evocato. In questo lasso di tempo non sono mancati periodi difficili legati ora ad una crisi economica che ha avuto ripercussioni in tutto il mondo, come quella del 2007-2008, oppure alla recentissima pandemia di Covid-19, tra il 2020-2022, che ha fatto conoscere, alla quasi totalità dell’umanità, un’emergenza sanitaria mai conosciuta nel recente passato.
Periodi che hanno generato una profonda insicurezza in larghe fasce della popolazione, distribuite ai quattro angoli del mondo. A questa condizione di fragilità e di incertezza ha provato a dare una risposta concreta il Downshifting. Trattasi di un termine “coniato nel 1994 dal Trends Research Institute di New York“, come ci informa thewom.it, in risposta a un modello di società incentrata sul lavoro e sul guadagno finalizzati al consumo.
Ma in cosa consiste concretamente il Downshifting?
Downshifting cos’è? Una nuova filosofia di vita
Quando siamo in cima ad una salita, alla guida della nostra auto e questa inizia a singhiozzare poiché non ce la fa più, la nostra azione, automatica, è scalare la marcia, inserirne una più bassa e far rifiatare la vettura, che pian piano inizia a riprendersi.
L’immagine sopra citata adattiamola adesso alla nostra quotidianità. Vi sono dei momenti in cui iniziamo anche noi a singhiozzare, perché “le salite” della vita stanno diventando troppo ripide. In quel momento vi è allora la necessità di scalare la marcia per far si che sia la nostra vita, questa volta, a riprendere fiato. Senza saperlo abbiamo fatto Downshifting, che significa esattamente scalare marcia. Ovvero abbracciare una nuova maniera di intendere e vivere la propria esistenza. Fermarsi un momento e cercare di comprendere quale siano le vere priorità della vita e regolarsi di conseguenza. Un’analisi che parte sempre dal lavoro e che poi si estende all’intera vita privata.
Cercare il più possibile di eliminare quelle zone che “regalano” soltanto stress, una vita frenetica che ormai non soddisfa più e che turba profondamente l’equilibrio psicologico. Un fenomeno dilagante tra le giovani generazioni, come la Z ed i Millennials. In italiano si definisce come semplicità volontaria, un tornare indietro “che non genera frustrazione né la sensazione di fallimento, ma scatena la pura gioia di godersi il presente senza votare la propria vita al guadagno, al lavoro senza pause, che non portano a nulla se non a stress, ansia e insoddisfazione“, come ci informa cosmopolitan.com. Peccato per tutti coloro che non sono Millennials o Generazione Z.