Un enorme balzo in avanti nella comprensione della malattia di Parkinson: i ricercatori hanno scoperto un nuovo strumento.
La scoperta ha portato all’individuazione dell’alfa-sinucleina anomala – nota come “proteina di Parkinson” – nelle cellule del cervello e del corpo. La svolta, pubblicata sulla rivista scientifica The Lancet Neurology, apre un nuovo capitolo per la ricerca. Essa rappresenta la promessa di un futuro in cui ogni persona che vive con il Parkinson può aspettarsi cure e trattamenti migliori.
Lo strumento, chiamato α-synuclein seeding amplification assay (αSyn-SAA), è in grado di rilevare patologie nel liquido spinale non solo di persone con diagnosi di Parkinson, ma anche di individui che non hanno avuto ancora la diagnosi. La cosa sorprendente è che il test individua anche coloro che non hanno mostrato sintomi clinici della malattia, ma sono ad alto rischio di svilupparla.
Il test può confermare la presenza di alfa-sinucleina anormale, rilevata nella maggior parte delle persone con PD, con una precisione sorprendente. Il 93% delle persone con Parkinson che hanno partecipato al test ha dimostrato di avere un’alfa-sinucleina anormale.
“Non siamo mai stati in grado di vedere in una persona vivente se hanno questo cambiamento biologico alfa-sinucleina nel loro corpo”, afferma Todd Sherer, PhD, chief mission officer, The Michael J. Fox Foundation (MJFF).
Parkinson: con questa scoperta sarà tutto più semplice
La svolta sui biomarcatori si è raggiunta da una collaborazione internazionale di scienziati guidati da MJFF e dal suo studio clinico di riferimento, la Parkinson’s Progression Markers Initiative (PPMI).
La scoperta rappresenta una pietra miliare nella ricerca di una cura e di trattamenti e terapie migliori per il Parkinson. Dopo essere stato testato in piccoli studi indipendenti, nel 2022 il test è stato convalidato su circa 1.123 campioni di liquido spinale forniti dai partecipanti al PPMI nel corso degli anni.
Il test si è rivelato incredibilmente accurato, con il 93% dei partecipanti con Parkinson che presentava un test anormale. (Pochissimi test per i disturbi neurologici sono sensibili per oltre il 90% alla malattia.) E, cosa importante, il test era anormale in meno del 5% delle persone senza Parkinson.
Con questa scoperta, il Parkinson si sta trasformando da una malattia principalmente compresa, diagnosticata e misurata attraverso valutazioni cliniche soggettive a una malattia oggettivamente definita biologicamente. Il che rende possibili nuovi paradigmi per l’assistenza clinica. Compresa una diagnosi precoce e trattamenti mirati, e più rapidi, con uno sviluppo di farmaci più intelligente ed economico.