Una storia di comunicazione. Perché tali sono diventate nel corso degli anni le emoticon, un modo per chattare su WhatsApp estremamente sintetico.
Il dono della sintesi. Questa la dote suprema che ci hanno portato quelle riproduzioni stilizzate delle principali espressioni facciali umane che esprimono un’emozione, faccine, o più semplicemente emoticon.
Il suo mos maiorum è controverso, come si suol dire: la dottrina è divisa. C’è chi assicura che il papà delle emoticon è Kevin MacKenzie, il primo a portarle nel modo della rete, tramite un’e-mail inviata agli iscritti a MsgGroup. C’è chi è convinto che la peternità va scritta a Scott Fahlman, che tre anni più tardi Kevin MacKenzie le utilizzò su un BBS dell’università Carnegie Mellon.
C’è anche chi, raggruppando quelle rappresentazioni grafiche, omaggia Shigetaka Kurita, l’inventore delle emoji. Tant’è. Abbiamo oggi una certezza: cosa sono e, soprattutto, cosa sono diventate.
Un “lessico” da imparare
Il termine emoticon, di estrazione anglossassone, naturalmente, è un’aplologia tra i lemmi emotion e icon e vuole significare immagine che esprime un’emozione, senza dover ricorrere a ChatGPT o qualche altra diavoleria dell’Intelligenza Artificiale. Quelli della Gen Z l’hanno trasformato in un nuovo modo di scrivere.
Una appresso all’altra, due-tre, anche cinque, fino a dieci magari. Non di più. Non è un rebus, né un rompicapo, ma il linguaggio della Gen Z. Che si sono stufati di scrivere su WhatsApp messaggi lunghissimi, non gli interessa nemmeno ammorbare i propri contatti con noiosi vocali lunghissimi.
Loro, ragazzi veloci e intuitivi, hanno capito che le emoticon valgono più di mille parole, una sorta di sintesi contenutistica 2.0. Quattro-cinque tap su WhatsApp e non c’è bisogno più di frasi né punteggiatura (ahiloro), che piaccia o meno questo il mondo che si vive nella sua quotidianeità. Per questo la loro conoscenza delle emoticon è necessaria. Per esempio, la faccina che ride con le lacrime (una delle più utilizzate) è una felicità estrema e non un’accezione negativa di pianto.
Quella è la faccina che piange e urla, sinonimo della frase: questa cosa che mi stai dicendo, è di una tristezza infinita. Tra le emoticon più utilizzate, quelle coi cuori, in fondo noi italiani siamo degli incredibili romantici: si passa da quella che manda baci (usata per messaggi d’amore e affetto), al sinonimo di un’emoji con i cuori intorno. Tra le top, uno uomo che si porta la mano sul viso, espressione di sgomento, o una donna che fa spallucce: un tap anziché scrivere qualcosa di molto vicino all’indifferenza, o inconsapevolezza, al massimo noncuranza. Non arrivavano a 50 nella prima versione di WhatsApp ora siamo a circa 850 emoticons, ma non perdete tempo a contarle, il numero complessivo sarà già aumentato.